
Il turismo sta vivendo una trasformazione profonda, spinta dall’evoluzione digitale e dalla crescente esigenza di gestire in modo strategico l’offerta turistica. In questo contesto, i DMS (Destination Management System) e un approccio maturo al Destination Management stanno diventando elementi chiave per il futuro delle destinazioni italiane.
Ma cosa significano davvero questi strumenti e, soprattutto, come stanno cambiando il modo di fare turismo nei Comuni e nelle Regioni italiane?
Cos’è un DMS e perché è così importante
Il DMS (Destination Management System) non è solo un software: è prima di tutto un approccio gestionale che punta a organizzare in modo integrato informazione, accoglienza, promozione e commercializzazione turistica.
Un sistema DMS efficace:
✅ raccoglie eventi, esperienze e offerte turistiche in un’unica piattaforma;
✅ alimenta i diversi livelli di destinazione (locale, regionale e nazionale);
✅ favorisce la collaborazione tra operatori, DMO e istituzioni;
✅ migliora l’esperienza del turista, che trova informazioni coerenti e aggiornate.
Come ha ricordato più volte chi ha seguito i progetti pionieristici sul tema, un DMS non è solo tecnologia, ma organizzazione: per funzionare davvero richiede strutture territoriali solide (DMO), capitale umano e un lavoro di governance condiviso.
Dal Veneto al TDH: l’evoluzione italiana
L’Italia ha iniziato a muovere i primi passi nel Destination Management già dal 2016, quando il Veneto ha adottato il DMS Deskline 3.0 di Feratel, integrando funzioni di accoglienza, promozione e commercializzazione.
Successivamente, attraverso il Piano Attuativo del Piano Strategico del Turismo, Regioni come Abruzzo e Veneto hanno sperimentato un motore aggregatore e consegnato al Ministero un capitolato tipo per dotare tutte le Regioni di un DMS.
Con il post-Covid e il PNRR, il progetto si è evoluto nel Tourism Digital Hub (TDH), una piattaforma nazionale che mira a raccogliere e rendere visibile l’offerta turistica italiana. Tuttavia, come sottolineano molti esperti, la vera sfida non è tecnologica, ma organizzativa:
- il TDH può funzionare solo se alimentato dal basso, da destinazioni già strutturate;
- serve interoperabilità tra i diversi DMS regionali e locali;
- occorre investire in formazione e capitale umano per le DMO.
Destination Management: la vera sfida per i territori
Un DMS è efficace solo se c’è una gestione strategica della destinazione. Il Destination Management, infatti, significa:
- coordinare operatori e stakeholder con una visione comune;
- costruire prodotti e esperienze turistiche coerenti con l’identità del territorio;
- garantire qualità e continuità nell’offerta, evitando che la comunicazione resti solo promozione di eventi.
Senza questo lavoro di base, anche il miglior DMS rischia di rimanere un contenitore vuoto.
Cosa cambia per Comuni e Regioni
Per i Comuni e le Regioni, questa trasformazione significa:
✅ strutturare DMO solide, con competenze tecniche e strategiche;
✅ favorire tavoli di lavoro e coprogettazione con gli operatori;
✅ investire in capitale umano, prima ancora che in tecnologia;
✅ adottare DMS interoperabili, capaci di dialogare tra diversi livelli di destinazione;
✅ passare da un approccio di sola promozione a una vera logica di Destination Design + Management.
Il futuro: organizzazione dal basso e interoperabilità
Il Tourism Digital Hub e il DMS Italia sono una grande opportunità per rendere il turismo italiano più competitivo e organizzato, ma la strada è chiara:
- il sistema deve essere guidato dal basso, con destinazioni forti e strutturate;
- il Ministero deve fornire linee guida e supporto, ma saranno le DMO locali a garantire contenuti di qualità;
- la tecnologia deve essere uno strumento al servizio della strategia, non un fine.
Investire su Destination Management e Design oggi significa garantire un futuro più sostenibile, attrattivo e competitivo al turismo italiano.