Marketing di destinazioni errori da evitare

Fare marketing di destinazione oggi: errori comuni, buone pratiche e obiettivi reali

Il marketing di destinazione è molto più di una campagna pubblicitaria ben riuscita. È una strategia complessa e continuativa, che mira a valorizzare l’identità di un luogo e a intercettare il pubblico giusto al momento giusto. Bisogna passare dal destination design prima di iniziare a parlare di marketing. Se una destinazione non è progettata in modo efficace, con prodotti e servizi di qualità, il marketing non potrà produrre risultati significativi. Oggi, con territori che competono su scala globale e viaggiatori sempre più esigenti, fare marketing turistico in modo efficace richiede visione, metodo e strategia.
Vediamo allora gli errori più comuni, le buone pratiche e gli obiettivi che contano davvero.

Gli errori più comuni nel marketing di destinazione

1. Saltare il posizionamento e partire dalla promozione

Molte destinazioni iniziano dalla fine: lanciano eventi, campagne social e promozioni, senza aver mai definito cosa le rende uniche. Questo è l’errore più diffuso.
Senza un posizionamento chiaro e differenziante, si rischia di comunicare in modo generico, e quindi inefficace. Bisogna fermarsi a pensare all’identità della destinazione e ai suoi valori, istituendo tavoli di lavoro con stakeholder e operatori. In questo modo saremo in grado di avere dati utili per definire assets e target di riferimento.

2. Comunicare per tutti (e quindi per nessuno)

Un altro errore classico è voler piacere a tutti. Famiglie, giovani, sportivi, senior, luxury, camperisti…
Senza una segmentazione del target e una comunicazione mirata, il messaggio si diluisce e perde efficacia. Inoltre non è da sottovalutare l’importanza di avere un communication manager che gestisca la comunicazione che ha il compito di promuovere l’immagine, il posizionamento e la reputazione della destinazione in modo costante e coordinato. Ma non solo, è una figura chiara per tenere i rapporti con operatori e stakeholder.

3. Confondere eventi e strategia

Gli eventi sono strumenti utili, ma non sono una strategia. Se non sono coerenti con l’identità del territorio e i desideri del target, non saranno collegati al percorso di valorizzazione della destinazione e risulteranno inefficaci e poco memorabili.

Organizzare tanti eventi in una destinazione non è necessariamente sinonimo di “promozione turistica”, anzi…a volte rischiano di distogliere fondi e risorse dalla creazione di un’offerta turistica strutturata ed efficace.

Le buone pratiche da seguire

1. Partire dall’ascolto del territorio

Fare marketing territoriale oggi significa lavorare insieme. Coinvolgere operatori, cittadini, enti locali, stakeholder. Solo così si ottiene una visione realistica e condivisa della destinazione. I tavoli di lavoro, le interviste, i questionari sono strumenti fondamentali per questo.

In questo modo si può arrivare a redigere il Piano Strategico di Sviluppo Turistico, dal quale derivano poi tutte le azioni puntuali relative alla narrazione e alla promozione.

2. Lavorare su posizionamento e narrazione

La comunicazione non è solo “pubblicare sui social”. Serve una strategia di contenuti, con rubriche, formati, obiettivi e canali scelti in base al pubblico di riferimento e al posizionamento della destinazione.
Serve costanza, ascolto del territorio e bisogni del target; senza dimenticare le logiche e le dinamiche dei canali scelti e presidiati.

Gli obiettivi reali del marketing di destinazione

Gli obiettivi concreti di un buon progetto di marketing di destinazione sono:

  • Attrarre il pubblico giusto, quello che amerà davvero quel luogo e ci tornerà volentieri
  • Rendere il turismo sostenibile, integrato con la vita locale
  • Creare valore per il territorio, in termini economici, sociali e culturali
  • Costruire un’identità solida, che distingua la destinazione nel lungo periodo

Conclusione

Fare marketing di destinazione oggi significa progettare con metodo, comunicare con autenticità e coinvolgere chi il territorio lo vive davvero.
È un lavoro di squadra, che richiede visione e coerenza, ma soprattutto la volontà di raccontare una storia vera, non una cartolina.

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